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Nicoletta Ferrara e Max Caramani sono gli autori di questo libro (Ed. Logoi, Pavia – pag. 98, € 10) e raccontano la loro storia nei primi mesi della pandemia, quando ancora non erano ben chiari i sintomi e come andava curato il Coronavirus 19. Sono i personaggi reali che hanno debellato la malattia dopo sofferenze e incubi. Il racconto si snocciola fra i padiglioni dell’ospedale Policlinico, i sogni onirici di Nicoletta (una tra i primi ricoverati in ospedale a Milano durante la pandemia) e l’atmosfera pesante dovuta al lockdown che dal marzo 2020 ha bloccato l’intero paese.

Max Caramani è un amico, conosciuto attraverso suo fratello Sergio, mio caro amico e collega di lavoro, purtroppo prematuramente scomparso qualche anno fa. Per questa pubblicazione, Max mi ha chiesto di scrivergli una prefazione e ne sono orgoglioso, ma ho voluto tracciare solo un breve racconto della nostra collaborazione precedente, per farlo conoscere sotto l’aspetto delle sue qualità artistiche, qui solo brevemente accennate, lasciando ad altri il compito di approfondire i risvolti medico-scientifico di ciò che è a loro accaduto.

Caro Max,ti ringrazio per l’invito alla presentazione del libro “La vita è un soffio”, scritto da te e Nicoletta sulla triste esperienza che vi ha coinvolti all’inizio del covid e che per fortuna si è risolta nel migliore dei modi, dopo una lunga sofferenza.

Devi sapere che faccio questo intervento con piacere, riconducibile ai temi proficui della nostra collaborazione, quando io lavoravo a Milano, prima della pandemia che ci ha allontanati dai nostri usuali incontri. Purtroppo, le costrizioni attuali non ci hanno più permesso di ritrovarci, vivendo io in Val d’Ossola da quando sono andato in pensione, proprio un anno prima di questo funesto periodo, e tu nel capoluogo lombardo. Tuttavia, per telefono ci scambiamo spesso lunghe telefonate ricordando, prima di tutto, il tuo caro fratello e mio amico fin dagli anni Settanta, che nel 2015, come si suol dire, è andato in un’altra dimensione. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato anche a me un grande vuoto, colmato in parte dal legame, che si è poi maggiormente consolidato con te. Era stato lui, infatti, a farci conoscere proprio qualche anno prima, quando mi portò alla location “Le Jardin au bord du lac” dove presentasti il progetto “Adotta una vite” con l’associazione Nobili Terre.

Poi mi invitasti al “RossoBorsieri” dell’amico Baroni all’Isola, dove organizzavi serate musicali e di teatro (e tu stesso suonavi e cantavi), inoltre avevi predisposto l’esposizione di alcuni quadri del pittore Mario Lobello di Acqui, con pubblicazione a tua cura di un catalogo. Tu subito mi invitasti a dir qualche parola sull’arte di questo artista. E da lì prese avvio la nostra collaborazione. Ricordo la personale di tuo fratello (allora ancora in vita) da me presentata a S. Bovio, con il tuo prezioso intervento musicale (invitasti anche un baritono e alcune coriste della Scala, ma non era l’unica volta quella sera).

E poi, come dimenticare, tra le altre, quella da te organizzata a “Le Trottoir”, in piazza XXIV Maggio, per il noto pittore “rinascimentale” Willian Tode; e poi quella magica serata in omaggio di Alda Merini, tra l’altro partecipò anche lo scrittore Andrea G. Pinketts (scomparso nel 2018) che lì aveva il suo “ufficio”. Voglio ancora ricordare le serate che promuovevi alla “Ca’ Bianca”, spesso coinvolgendomi e facendomi salire sul palco, come quando venne Gian Pieretti, con cui intrattenemmo il pubblico con l’aura del vintage degli anni ’60. Ma quanti altri eventi persi nella memoria, per esempio, gli incontri nello “Spazio Oplà” di via Melloni 75, dove suonavi e presentavi complessi musicali, artisti di varie arti, attori, poeti e perfino politici. E come dimenticare i corsi che organizzavi con eccellenti sommelier a “Le Jardin au Bord du Lac” dell’Idroscalo?

Contemporaneamente, davi alle stampe riviste specializzate in vari campi; io ricordo in particolare “Effetto Benessere” a cui collaborai, grazie a te che ne eri il direttore, con articoli, critiche artistiche e interviste varie. Ma il tuo impegno si è svolto anche come editore, infatti hai pubblicato diversi libri, come quello in cui m’invitasti a scrivere la prefazione di un pamphlet sul food e poi a presentarlo alla “Libreria Open” di Milano, nonostante ti confessassi di non aver mai cotto neppure un uovo sodo: era “Ricordi di cucina” di Francesca Galeotti.

Dico tutto questo, che è solo un’ennesima parte delle attività in cui hai operato negli anni milanesi, perché ora vedo che dai alle stampe tu un libro sul covid, per il quale ho piacere di scriverti una pagina di incoraggiamento. Ho letto con interesse le bozze, e volendo apparire anche in questa tua/vostra (Nicoletta è la protagonista) opera prima, ho pensato bene di rievocare (ma è tutta una scusa per ricordare tuo fratello Sergio, a cui tengo tanto per l’amicizia che ci univa) qualcuno di quegli avvenimenti culturali, in cui mi coinvolgesti con simpatia e affetto.

Giuseppe Possa