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L’artista Sergio Saccani espone le sue opere pittoriche e scultoree nella ex casa parrocchiale di Craveggia (Val Vigezzo) dal 29 luglio al 3 settembre.
Orari di apertura mostra: tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19 (tutte le domeniche sarà presente l’artista).

Più che artista si considera un ricercatore e sperimentatore. La vita travagliata, il lavoro, i 10 anni in Brasile, la pittura e la scultura. Il sogno da realizzare: proporre un’antologica dell’intera sua opera, scultorea, pittorica, grafica e a tecniche miste  nella sua città, Verbania, dov’è nato, vive e opera.

di Giuseppe Possa

Prima che negli spazi espositivi, i critici, per parlare degli artisti, degli artigiani, dei creatori di oggetti preziosi, dovrebbero, a mio avviso, recarsi nei loro studi (che un tempo chiamavano botteghe, laboratori, fucine). Si entra, in tal caso, nei loro ambienti che ne rivelano le abitudini o  aiutano a capirne le personalità o avere la visione di opere ancora in via di trasformazione, a raffrontarne affinità e diversità con altri maestri.
Così mi sono comportato nella mia vita di critico militante, modesto certamente e conscio dei miei limiti, ma forse per questo anch’io, come tanti altri noti, ho saputo “leggere” di prima “mano” le opere di pittori e scultori, esprimendo il mio giudizio più col cuore che con valutazioni accademiche. Per questo, probabilmente, mi sono sempre limitato a scrivere di chi non ha palcoscenici per mostrarsi e che difficilmente salirà agli onori delle cronistorie o del successo, pur possedendo talentuosità e buona manualità tecnica.
Conoscendo Sergio Saccani di fama, ma non di persona, oggi ho voluto fargli visita, nella sua casa-atelier di Possaccio-Verbania, per scrivergli una presentazione da pubblicare sul pieghevole che annuncerà la sua mostra di Craveggia, con inaugurazione il 29 luglio 2023.

Sergio Saccani: nell’armonia dell’arte.

 Sergio Saccani è autodidatta (anche se negli anni Settanta a Brera ha frequentato alcuni corsi di pittura), ma più che artista si considera un ricercatore e sperimentatore. Nasce nel 1947 a Verbania e fin da bambino, poi da studente, con la matita e i pastelli non ha uguali. La passione, probabilmente, gli deriva dalla mamma valsesiana, creativa e di grande inventiva nel taglio e cucito, o anche dal bisnonno architetto. Il padre, mantovano, era venuto a lavorare sul Lago Maggiore: da lui sicuramente ha ereditato l’abilità manuale. <<Alle elementari>> dice, <<disegnavo cartoni che attaccavo nei corridoi e li animavo spiegandoli. Nelle medie invece, più che a studiare, pensavo già alle ragazzine, per cui, senza tanti preamboli, a 15 anni sono stato avviato al lavoro>>. Apprende il mestiere di fabbro alla “Fabbro Tacchini”, la bottega più antica di Verbania, dove impara da abili maestri l’arte della forgiatura del metallo, acquisendo tutti i segreti del ferro e della sua lavorazione (e nelle sue opere future si noteranno chiaramente queste fondamentali esperienze).
Di sera, con passione artigianale, comincia a creare le prime sculture in ferro, dimostrando la sua genialità artistica alla clientela, allora numerosa. C’è comunque da precisare che, negli anni in cui operava come dipendente in officina, ai lavori che produceva già infondeva un gusto scultoreo. Nel frattempo, aveva pure affittato uno studio a Pallanza, dove di notte, dormendo poco per naturale predisposizione, disegnava e si dedicava alla pittura. Nelle ricerche e sperimentazioni scultoree di quel periodo ha sempre privilegiato la funzione espressiva della materia e dei materiali più diversi (ferro, legno, lastre di piombo, carte fotografiche, colle viniliche ecc.); mentre dipingendo era attratto da linee e forme astratto-geometriche.
Nel 1997, dopo alcuni anni di riflessione, si trasferisce in Brasile e vi rimane dieci anni. Qui la sua vita ha una svolta importante. Fuggito da una civiltà consumistica e psicologicamente complicata, si trova tra gente semplice e sorridente. Intraprende l’attività di massaggiatore (va precisato che negli anni Ottanta a fine settimana aveva frequentato alcuni corsi di massaggi e Shiatsu, ottenendo un diploma in tali discipline). Nel tempo libero, si dedica all’arte e riesce a vendere i suoi quadri nelle diverse mostre che gli sono organizzate.
Nel frattempo diventa amico di un capo Indio di una tribù della Matamedonia, da cui apprende segreti importanti di vita, tant’è che un giorno gli chiede se fosse possibile frequentare un villaggio sperduto dell’Amazzonia senza contatti col mondo, perché voleva conoscere persone che non appartenessero alla nostra civiltà moderna e consumistica. Ne ottiene il consenso e viene accolto e accettato da una tribù di circa 50 persone e con loro trascorre quattro mesi comunicando a gesti. Vive così il loro trascorrere del tempo in modo selvaggio e avventuroso, tra vicende esistenziali e materiali, ma soprattutto apprendendo quelle esperienze mistico-spirituali, in cui lo sciamano lo ha iniziato, trasmettendogli segreti a lui ignoti. <<Alla fine mi ha fatto diventare sciamano>> dice. Fu, però, anche un viaggio e un’esperienza curiosa sul loro modo di pensare alla vita e di fare arte, che gli servirà poi nel suo prosieguo pittorico. Osserva e apprende, infatti, tutti i significati dei segni cromatici che dipingevano sui loro corpi.
Nel 2007 lascia il Brasile e ritorna in Italia; ha 60 anni, ma non l’età per la pensione; è quindi costretto a riprendere il lavoro nel mondo del ferro. Durante alcune trasferte in Germania (lo mandava una ditta a restaurare cancelli in ferro, rimanendoci ogni volta un paio di mesi), l’appartamento che gli mettevano a disposizione lo utilizzava, nel tempo libero, anche come studio per dipingere.
Dopo sei anni, nel 2013, riesce a raggiungere la pensione per anzianità e finalmente può dedicarsi a tempo pieno all’arte, a Possaccio (località di Verbania), dove tuttora abita e opera.  <<Da allora>> aggiunge con una punta di soddisfazione, <<la passione per la pittura mi coinvolge giorno e notte e creo un’infinità di dipinti, ma anche di sculture, utilizzando le termoplastiche fuse e modellate ad alte temperature e assemblate con materiali vari>>.
La sua prima mostra risale al 1982 a Verbania; in Brasile ha esposto in diverse occasioni e in gallerie importanti, sostenuto da due amici che gli hanno venduto numerosi quadri. Qualche mostra l’ha allestita pure in Germania e nella vicina Svizzera. I suoi lavori, scultorei, pittorici, grafici e a tecniche miste, con cui è riuscito ad affermarsi come artista, sono elaborati con un proprio linguaggio plastico ed espressivo, caratterizzato dalla persistente presenza del ferro, ma anche di altre materie. Nei dipinti, invece, si evidenziano in particolare il segno astratto e i colori, che hanno un debito con la cultura del Brasile amazzonico, da cui è stato influenzato nelle sue scelte espressive, oltre che nella sua immaginazione visiva. In un certo senso Sergio Saccani è un artista-artigiano del nostro tempo, perché non ricalca passivamente alcun modello formale già esistente – pur allineandosi a lezioni contemporanee e della tradizione – ma cerca piuttosto di perseguire quello suggerito dalle intuizioni della sua accesa fantasia.
Nella scultura, l’autore, considerandosi uno spirito libero, sperimenta un po’ tutte le tecniche e le scelte formali; ci sono varie ricerche attente alle proporzioni e allo spazio, che esprimono forti tensioni, alle diverse tecniche di incavo, fino agli assemblaggi di materiali eterogenei. Ci sono sculture le cui astrazioni esprimono un forte interesse per le culture primitive, dove la quotidianità parrebbe scandita da riti tribali e propiziatori legati ai cicli vitali. Infatti, si avverte in certi lavori la necessità di far rivivere l’oggetto totemico, lasciandone intatta la forza simbolica, in particolare dove la perizia della manipolazione artistica si impone in tutta la sua evidenza.
L’autore, conoscendo ogni artificio nel trattare la materia (il ferro in primis), riesce a inculcare in altri cicli di opere, più vicine al nostro mondo sociale, una magia non solo di impatto emotivo, ma pure un senso della sua poetica espressiva. In questo caso le ricerche di Saccani, più plastiche, sembrano scaturire da una lunga riflessione interiore, magari generata da una “spiritualità” laica. Certe composizioni, invece, sempre astratte ma con forme che paiono tormentate e angoscianti, sono percepite dai fruitori come un grido nella crisi dei valori socio-esistenziali e materiali del nostro tempo.
Nei dipinti su carta e su tela (sia se segnati da tessiture cromatiche tenui o in bianco e nero utilizzando la china) e nelle diverse tecniche miste o grafiche, Saccani si avvale quasi sempre di un astratto geometrico declinato in vari “linguaggi”. A volte le forme delle immagini sono armoniche, lineari e precise o ripetitive dagli incantati esiti di fantastica eleganza. Altre volte le strutture sono scompaginate in sinuosi scatti o in morbide proiezioni curvilinee che sottolineano un impianto spaziale onirico, dalle angolazioniinsolite. Se invece le forme si fanno più materiche e contorte, come dentro un crogiuolo di tensioni e contrapposte energie, non si può non notare l’ansia esistenziale intrisa di sentimenti e forti passioni, con cui l’autore le realizza. Una particolarità: i suoi lavori non hanno titoli, perché, secondo lui, ognuno deve osservarli secondo la propria sensibilità e deve provare sensazioni personali.
Tutta l’arte – grezza o rifinita, naturalista o metafisica, spaziale o “spirituale” – di Sergio Saccani, come si può notare anche in questa mostra, mi sembra che possieda un ricercato rigore compositivo, ma nei suoi vari cicli pare sempre concepita in contrapposizione, proprio com’è il carattere dell’autore, il quale è attratto sia da uno spirito mistico che umano, da una serenità interiore ma pure da un tormento psicofisico, da emozioni subliminali come da quelle carnali o da tormentate tensioni sociali e civili. In breve, a mio avviso, Sergio Saccani è, nel contempo, un artista d’istinto e di riflessione, nell’armonia segnica e contenutistica. Ed è stato il suo vissuto, fortemente attratto da anima e corpo, ad averlo formato e a ispirargli i suoi soggetti, visioni e atmosfere.

Giuseppe Possa

Sergio Saccani e Giuseppe Possa