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“Fa’ i tei pes” (Fai i tuoi passi) è il titolo della mostra di Lorenzo Cancelli (pittore e scultore) allestita nella sede della pro Loco di Toceno (piazza della Chiesa 8 – Toceno – Valle Vigezzo) dal 1° al 14 agosto 2023 (orari tutti i giorni: 10-12 e 16-18).

L’arte di Lorenzo Cancelli è legata al terrestre, alla natura, agli umori del tempo che passa inesorabile; ma pure ai dolori e alle sofferenze esistenziali di ogni essere vivente. Quindi, ci induce a pensare ai momenti impenetrabili o contraddittori, talvolta gravosi, altre volte benevoli, del nostro trascorrere quotidiano su questo pianeta. Una riflessione incrociata tra uomo, animali, ambiente e mutamenti climatici, in un’atmosfera a rischio di estinzione. Sono pericoli ecologici non così imminenti e cruenti, per ora; tuttavia, non ci sentiamo pronti ad affrontarli e siamo smarriti di fronte alla nostra possibile autodistruzione e a quella del pianeta (che, comunque, si consuma dentro un caos cosmico, a cui nulla importa di noi, perché esso si genera da sé in perenne trasformazione). Quando ci accorgeremo di essere una specie alla deriva… a farci paura non sarà più la morte individuale, bensì il suicidio collettivo per inquinamento.
Apprezzo l’operare di Lorenzo proprio per questo, perché non ritiene l’arte fine a se stessa o semplice evasione dal quotidiano, ma un mezzo per stimolare nei fruitori una catena di sentimenti e di emozioni, che li invitino a riflettere sulle ragioni del cuore, trovando soluzioni per una convivenza in pace e armonia.
Non conoscevo l’autore; in effetti, è alla prima personale, tuttavia osservandone le opere, pittoriche e scultoree, lo considero un poeta-visionario. Egli arricchisce le proprie composizioni di un’arcana fantasia e raffigura la società contemporanea, coi suoi degradi e profondi silenzi, destinata a perdere ogni speranza per il futuro, se non si muta immediatamente rotta. Una conclusione pessimista, forse, ma Cancelli sa trasformarla in un’ironica esorcizzazione, per mettere a nudo le tragiche inquietudini e le complesse contraddizioni della nostra epoca. E lo fa con un immaginario autonomo, indipendente, con intuizioni e spunti propri.
Da dove arriva, però, questa sua passione artistica e perché soltanto ora, in età matura, si propone per la prima volta al pubblico con una mostra personale?
<<Sono nato nel 1970 a Mestre, Comune di Venezia>> dice, <<poi la mia famiglia si è trasferita a Craveggia (luogo di origine di mio padre, mentre mia madre è di Domegge di Cadore), dove io e mio fratello siamo cresciuti. Fin da piccolo sono stato attratto da matite e pastelli; infatti, ho iniziato presto a comporre i miei primi disegni. Il papà ha subito notato questa mia attitudine e mi ha incoraggiato, regalandomi un cavalletto, una scatola di colori a olio e un libro: “Enrico Cavalli e la Pittura Vigezzina” di Guido Cesura, critico d’arte di Milano che soleva villeggiare in valle>>.
Il padre iscrive il giovane Lorenzo alla scuola di Belle Arti Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore, ma lui la frequenta senza troppa convinzione. Si sente a disagio e a un certo punto, non sa neppure lui il perché, smette di andarci. Tuttavia, prosegue a coltivare la sua passione, prendendo spunto dalle fotografie del libro di Cesura e, sempre per incentivarlo, ogni volta che termina un quadro, il papà gli offre un compenso in denaro: <<Lui credeva tanto in me>> riprende, <<ma ero poco costante; mi interessava di più giocare con gli amici e disegnavo solo ogni tanto. Questo andazzo durò parecchio tempo, sentivo sempre muoversi in me la necessità di esprimermi per immagini. Fu così che maturai la decisione di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Avevo 29 anni e un lavoro sicuro, un’età in cui bisogna “concretizzare”; sentivo, però, forte dentro di me questa necessità, così con l’approvazione di tutti superai l’esame di ammissione. Fu un’esperienza straordinaria, respirai l’aria dell’Arte a pieni polmoni e con profitto frequentai i corsi di pittura per due anni, ma nonostante l’arricchimento che ne traevo sentivo anche una certa incertezza e l’esigenza di affrontare un futuro concreto, per un senso di responsabilità… quindi appena si presentò l’occasione di un’occupazione in Svizzera come imbianchino/decoratore, senza troppi indugi afferrai la palla al balzo e lasciai l’Accademia. Ora vivo a Toceno, con mia moglie Sabrina e nostro figlio Davide>>.
Cancelli, nel contempo, continuava a disegnare e dipingere, ma solo su commissione, soprattutto ritratti e immagini religiose.  A malincuore, anche per gli impegni della vita, rinunciò alla partecipazione attiva del mondo dell’arte. Nel tempo libero prediligeva percorrere su e giù le montagne di Vigezzo, godendo di una passione diversa, che, comunque, lo confortava e inebriava parecchio.  

Poi inaspettatamente è arrivato il Covid, che ci ha costretti a un forzato “confinamento”, dove tutti siamo stati bloccati in casa, sopraffatti dall’ansia, dall’angoscia, dalla paura della morte o di un futuro incerto, che presero il sopravvento sulle persone, sui comportamenti privati, pubblici e sociali: una condizione che non si era mai verificata prima, almeno in modo così virulento e globale.
<<Guai a fare un passo fuori dal perimetro>> dice Cancelli, <<sono stato oppresso, così all’improvviso, dalla necessità di buttare fuori per immagini i miei tormentati pensieri e di trovare il coraggio di far vedere agli altri le mie opere>>.
Ed eccole qui, queste figure e forme germinanti di ludica (o tragica?) stilizzazione, in una metamorfosi contrastante e difficile, ma che si può ora, artisticamente, riconoscere come il tratto personale dell’autore. Una ricerca, la sua, differente da quella iniziale impressionista, perché gravata dall’urgenza esistenziale che, sostituendo la realtà, fa appello alla fantasia e alla memoria, pur egli partendo sempre da qualcosa di visibile e concreto, come archetipo dell’immagine. 
Il suo modo di operare è quasi istintivo, intrigante e aderente alle circostanze emozionali del secolo in corso: una palpitante sfilata di figure, volti sinuosi, fisionomie nervose od “ombre” inquietanti, che scuotono il riguardante.
<<La strada disastrata che percorro tutti i giorni per recarmi in Svizzera a lavorare e le dolorose notizie di crolli, distruzione, tragedie umanitarie e ambientali che quotidianamente riportano le fonti di informazioni, giornali radio e televisione, mi hanno spinto a elaborare questi lavori che ora espongo>> chiosa Lorenzo.
Così l’attualità delle sue opere (sia nei quadri che fanno riflettere sui temi del nostro “essere qui e ora”, dipinti con varietà di mezzi espressivi; sia nelle sculture, simili a larve carbonizzate dal magma ribollente del presente) sta nel cogliere il dramma degli esseri umani, rappresentato con partecipazione viva e sofferta.
Cancelli, in questo ultimo periodo, tende sempre più a passare dal verismo a un’astrazione iconica, onirico-metafisica, dove sembra descrivere la lotta tra spirito e materia, rielaborando motivi arcaici, filtrati attraverso un lavoro di sintesi tra primitivismo e contemporaneità. Quadri astratto-configurati in autonomi e vivaci svolgimenti spaziali o paesaggistici, con il sovrapporsi di macchie o figure evanescenti: scenari silenziosi e remoti, capaci di “accendere” molteplici spunti di riflessione mistico-filosofica.
Ci sono poi gli assemblaggi titolati “Cementi”, guizzanti, sconnessi, calibrati; pezzi di calcinacci staccati, caduti, con bacchette di ferro incastrate, quasi ferite cicatrizzate, o con spuntoni sporgenti, come allegoriche dita di mani pronte a graffiare. Tutti elementi, questi, appartenenti alla natura ma dall’uomo estratti, lavorati e, dopo l’utilizzo, trasformati in detriti ingombranti o inquinanti, con cui il pittore vuole sollevare il problema dello sviluppo incontrollato, talvolta abusivo o speculativo, col quale si altera il paesaggio circostante, spesso deturpandolo. Oppure anche la presa di coscienza del crollo o disfacimento di una civiltà, che si sta dissolvendo tra il disinteresse generale.
E qui i “Cementi” sembrano testimoniare il degrado delle opere pubbliche e private, di un recente passato, sovente causato da costruzioni approssimative e dalla mancanza di manutenzione. Nel contempo, Cancelli conferisce a questi “Cementi” di recupero una nuova “dignità” e funzione. Un “grido”, il suo, tra l’immaginario, il lirico-fantastico, ma pure tra l’ironia, l’impeto emotivo e il gusto dell’invenzione, con cui pare voglia raccontare, sebbene tristemente interpretata, la nostra società in frantumi e alla deriva.
Inoltre, quasi si trattasse di “reperti archeologici”, nei “piombi” (altro ciclo di opere) Lorenzo ricalca le impronte dell’uomo del duemila, come potrebbero essere scoperte, facendo un salto nel tempo, fra qualche millennio, con circostanze e sorprese simili a quelle capitate a noi, nel ritrovare le orme “imprigionate” dei nostri antichi progenitori.
Anche da queste “tracce” si può comprendere il “legame” affettuoso dell’autore con la terra e con le “radici” del passato, che attraverso il “ponte” del presente, si perpetueranno poi (almeno si spera) nel futuro. Tutto ciò acquista un moderno significato, che avvicina l’uomo primitivo a quello che verrà, dimostrando come l’influenza di un simbolo (le impronte nella loro immediatezza espressiva) non svanisce col passare dei millenni, anzi si manifesta nella sua evidenza più concreta.
A questo punto, vorrei accennare alle sculture, ma Cancelli mi anticipa: <<Per esprimere il senso di rabbia, frustrazione, rifiuto e sdegno nei confronti di quella parte di umanità che spudoratamente continua a fare i propri interessi politici ed economici, passando tranquillamente sopra alla restante parte di umanità, e guardando anche alle opere dello scultore altoatesino Aron Demetz, ho trovato nella “combustione” delle sculture in legno un modo per me adatto allo scopo. La “combustione” non vista solo come effetto negativo: il fuoco è anche occasione di rinascita, rigenerazione, disinfezione. Così le sculture – ibride forme – appaiono enigmatiche e meditative, ma “R-esistenti”>>.
Questi “legni bruciati”, che sembrano sorgere dalle “macerie” ancora fumanti della recente “pandemia”, rappresentano misteriose figure umane, in cui pare proiettata proprio l’angoscia di quel clima da “lockdown” o il dramma dell’abitante di un pianeta che sta per estinguersi. Tali lavori, con simile travaglio di immagini e spettri annichiliti, appaiono tuttavia rigenerati, purificati dal calore del fuoco e possiedono una forte presenza fisica, che coinvolge profondamente lo spettatore a livello psicologico.

Vi sono poi i quadri argentati e dorati su fondo nero (il nero per incidere le coscienze, le foglie di metallo pregiato per elevarle a una dimensione mentale) con volti dai contorni inquieti o spersonalizzati, o che denotano solitudine; a volte, esseri quasi scheletriti o con catramate ferite o lacerazioni. Con queste opere l’autore vuole sottolineare la preziosità dell’uomo e della vita, pur in mezzo al minaccioso e doloroso spopolamento delle nostre valli montane, così belle, speciali, ricche di colori e profumi.
C’è anche qualche dipinto di Cancelli che propone alberi (dai tronchi e dai rami aggrovigliati a evocare viluppi e torcigli interiori dell’uomo) e paesaggi quasi sognati in tensione emotiva (non esenti da spunti ironici, per taluni elementi moderni abbinati a richiami del passato), nella loro trasformazione dal vero all’immaginario lirico-artistico: <<Fortunatamente>> conclude con una punta di soddisfazione, <<vivo in un posto fantastico dove la Natura mi regala ancora il suo spettacolo, per cui tra una bruciatura e una spalmata di catrame sulle figure umane, mi rifaccio gli occhi e lo spirito con i suoi colori. Una cosa deve essere comunque chiara a tutti noi: sarà la Natura a sopravviverci e a passare inesorabilmente sopra alla nostra brama di possederla. Dovremmo imparare dalla fantastica ingenuità e smaliziata meraviglia che solo i bambini sanno ancora provare e che è ancora dentro ognuno di noi>>.
Nei diversi periodi artistici, le immagini, gli inneschi di pittura o scultura, ogni espediente poetico-cromatico, sono stati per Lorenzo Cancelli, autore poliedrico, il pretesto trasfigurato, metafora della vita, magica metamorfosi del mondo sensibile, per esprimere un pensiero, un’emozione, un sentimento, suggeriti dalla coscienza della realtà che ci circonda e ci definisce. Un cosmo di fertili atmosfere scaldate al “fuoco” di un garbato racconto, forse un inno “inconscio” alla vita delle nostre “umane carcasse temporali” e alla sopravvivenza della terra in cui abitiamo.

Giuseppe Possa

 

Lorenzo Cancelli e Giuseppe Possa