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Franco Esposito ricorda l’amico

Gianfranco Lazzaro (Baveno 1930 – Stresa 2018) giornalista, poeta, scrittore e 1250707_1414128950-kHzC-U110122458053439e-1024x576@LaStampa.itpresidente del Premio Stresa di Narrativa. Dopo una gioventù da operaio, divenne giornalista e iniziò nel 1956 a scrivere sulla Gazzetta del Popolo. Ha poi collaborato con la Rai; nel 1967 ha fondato e diretto la rivista La Provincia Azzurra. Ha vinto il Premio Gastaldi di poesia nel 1955 per Prati d’Arniche e la prima edizione del Premio Stresa di narrativa con Il cielo colore delle colline nel 1976.  L’apice del successo lo ha raggiunto con il romanzo Berto (Rebellato 1982).

Caro Gianfranco, pochi minuti fa la telefonata di tua figlia Linda che mi annuncia che ci hai lasciati per sempre. Mentre parlo con lei al telefono dalla mia finestra balcone, osservo l’inverno e la pioggia mista a neve, le ultime foglie che cadono: mi sento triste, pigro, forse un po’ stanco e preso dalla malinconia mi sono messo a sfogliare i tuoi libri di poesia e delle vecchie foto di tanti anni fa e allora mi  è venuta incondoc20180212121040_001.jpgtro la nostra vecchia amicizia che risale al 1968, quando io allora ragazzo mi ostinavo a proporti i miei primi interventi al cianuro per la tua Provincia azzurra. Mi sono venute in mente, inoltre, le nostre pasquinate che malgrado le nostre ingenue cattiverie – verità, venivano accolte persino dai permalosi politici di allora quasi con simpatia, altre volte con proteste folcloristiche, ma sempre nei limiti di un’educazione di fondo che li rendeva e li rende a distanza di tempo quasi dei marziani di educazione e di intelligenza paragonata ai “ducetti” di oggi pieni di arroganza e stuolo di avvocati al seguito.

Che bei tempi, caro Gianfranco, fare giornalismo d’assalto, parlare per primi in Italia di ecologia, e poi come dimenticare   le filippiche contro la politica!

E che bei tempi seguire le nostre passioni letterarie – culturali con la fondazione nel 1975 del “Circolo culturale Borromeo” e del nostro “Premio Stresa di Narrativa” 1976  e i nostri incontri e scontri con gli amici Mario Bonfantini, Mario Soldati, Piero Chiara, Carlo Della Corte, Giovanni Spadolini, Mario Tozzi e tantissimi altri.

Ma, caro Gianfranco, preso dai ricordi ho forse un po’ divagato, il senso o meglio l’obiettivo di questo mio ricordo  è un altro, volevo in questo momento di tristezza far vergognare o perlomeno far arrossire pubblicamente tutte le istituzioni locali, provinciale e regionali, sia politiche che culturali, che negli ultimi anni hanno perso la memoria non solo delle tue opere, ma anche della tua persona e soprattutto perso la riconoscenza nei tuoi confronti dimenticandosi persino della festa dei tuoi ottant’anni. Era un occasione, scrivevo allora, pubblicare almeno il tuo romanzo Berto come memoria dei tuoi valori resistenziali, che hanno fatto rivivere il nostro lago e la gente della nostra collina. A proposito di colline mi doc20180212121127_001viene incontro uno dei tuoi libri più belli: Il cielo colore delle colline, un libro talmente importante che alla prima Edizione del “Premio Stresa” lo abbiamo votato tutti all’unanimità. Un libro che aveva nelle pagine il senso del tempo, il valore della memoria rivolta ai più giovani del nostro lago.

Ma, mentre tu lavoravi per la nostra Provincia, negli ultimi tempi tutti hanno fatto finta di niente e come al solito si sono (ci siamo) dimenticati allegramente di ringraziarti pubblicamente e soprattutto riconoscere il tuo lavoro e segnalarti come uno degli autori più noti, più genuini e forse più controversi del nostro Lago Maggiore.

A questo punto, caro Gianfranco, conoscendomi mi era venuta la tentazione di fare nomi e cognomi di questa amnesia generale, poi ha vinto la ragione, anche perché conoscendo fin troppo bene il narcisismo dei nostri amministratori e di tutte le congreghe pseudo intellettuali che si specchiano nel nostro eterno provincialismo lacustre e montano, forse, gli avrei fatto persino un favore citando i loro nomi e allora ho desistito. Ciò non allontana la mia amarezza perché non abbiamo capito (forse non ho capito) fino in fondo il tuo malessere quando incontravi i tuoi simili, la tua aggressività più di facciata, anche perché in privato per chi ti conosceva eri uno degli ultimi romantici e un poeta che ha saputo amare la sua collina, la sua gente, le sue piante, i suoi fiori, i suoi animali che la popolano ancora, malgrado il tuo pessimismo.

Questo, caro Gianfranco, non è il lago che sognavo, che tu sognavi, ma conoscendo un po’ le persone non si può imporre l’adesione lucida e consapevole ai problemi, veri, reali che ci attanagliano, ai sentimenti che ci coinvolgono. E allora questa mia ultima lettera, questo ricordo per rammentare a tutti noi di essere partecipi e protagonisti come sei stato tu per tutta la vita, per tessere la lunga, lunghissima tela del nostro presente e del nostro futuro. Addio Gianfranco e un ultimo abbraccio da un tuo vecchio, ma, soprattutto vero amico.

Franco Esposito

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 Gianfraco Lazzaro, Piero Chiara, Franco Esposito