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IMG_E1319In un grazioso volumetto Luca Ciurleo (autore) e Samuel Piana (editore) hanno raccolto alcuni saggi sulla pittura vigezzina e sugli appartenenti al “Gruppo Pittori Vigezzini Oggi”, che sono Marino Bonzani, Salvatorino Casula, Alessandro Giozza, Anita Hofer, Carlo Mattei, Giovanni Mellerio, Valentino Santin e i compianti Vanni Calì, Michele Fiora, Carletto Giorgis, Susy Giorgis, Gian Piero Pirinoli, Verdiano Quigliati, Pio Ramponi (di ognuno sono riportate note critiche e biografia).

 GRUPPO PITTORI VIGEZZINI OGGI

Nello stupendo scenario della Valle Vigezzo, per antonomasia la Valle dei Pittori, continuano a mantenere viva una tradizione artistica che ha avuto il massimo splendore con la Scuola di Belle Arti Rossetti-Valentini di Santa Maria Maggiore (VB). Una mostra del “Gruppo Pittori Vigezzini Oggi” era già stata allestita a “La Fabbrica” di Villadossola nel 2009 e poi ripetuta al Polo Museale UniversiCà di Druogno nel 2019. Il n. 37 della rivista “ControCorrente” è stato a loro dedicato e presentato al Museo della Permanente di Milano il 14 febbraio 2009, con contributi del direttore Gianni Pre, di Luca Ciurleo e Giuseppe Possa (di Possa qui pubblichiamo l’intervento).

284343_2345375472661_4096793_nLa Valle Vigezzo, senza la prestigiosa “Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini” di Santa Maria Maggiore, non potrebbe vantarsi di annoverare, tra i suoi personaggi, artisti di fama nazionale, quali Enrico Cavalli, Carlo Fornara e Giovanni Battista Ciolina. Tuttavia, la Valle dei pittori ha avuto un fecondo periodo artistico per l’incrociarsi di precise circostanze. Innanzitutto, gli ottimi affrescatori e pittori di maniera che ha avuto nel Settecento, creatisi sugli insegnamenti, tramandati di padre in figlio, di quegli artisti che erano stati chiamati un po’ da ogni parte d’Italia, tra i secoli XV e XVI, a decorare e ad abbellire le chiese della Valle. Erano così sorte alcune scuole, come quella dei Simonis e dei Sotta, in cui si formarono numerosi artisti.

Molti di essi, per mantenere la famiglia, erano costretti a svernare come ritrattisti in paesi stranieri, venendo a contatto con culture diverse che inevitabilmente assimilavano, riportandone poi in patria gli aspetti più significativi. Tra questi troviamo Gian Maria Rossetti Valentini (1796-1878), che emigrato in Francia si perfezionò nelle Accademie locali, ricoprendone in seguito con onore alcune cattedre di disegno. Al suo rientro in Vigezzo, aprì a proprie spese una scuola di pittura, dandole il suo nome, che raccolse attorno a sé numerosi allievi. Nel 1881 fu chiamato dalla Francia, dove stava nel frattempo operando, Carlo Giuseppe Cavalli (1823-1892) per insegnare alla “Rossetti Valentini”. Fu aiutato in tale incarico dal figlio Enrico (1849-1919) che aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti di Lione e che era venuto a contatto con pittori come Monticelli, Guichard, Ravier e aveva assimilato alcune grandi correnti della pittura allora dominante (la scuola di Delacroix e di Fontainbleau), per cui diventò lui il vero maestro della schiera di allievi che frequentava la Scuola.

Nessun seme, tuttavia, che cada nella sabbia dà frutti. Infatti, gli insegnamenti del Cavalli trovarono terreno fertile in Fornara, Ciolina, Rastellini, Peretti Junior, Besana, Borgnis, i Giorgis e in numerosi altri. Il grande apporto che questi pittori (naturalmente, unito a quello di altri che tuttavia non ne uguagliarono la fama) diedero al mondo delle arti figurative, e il lustro che portarono al proprio paese, è raccontato nello scritto di Luca Ciurleo. Aggiungiamo solo alcuni nomi di pittori scomparsi negli ultimi anni: Severino Ferraris, Paolo Ciolina, Siro Polini, Alfredo Acetosi, Antonio Gennari, Aldo Dresti, e Anne Ponti.

Di certo è che si sta chiudendo un periodo fecondo e avvincente della Scuola Vigezzina che, tuttavia, con vicissitudini alterne e periodi di transizioni, continua a sopravvivere.

Scuola_Belle_Arti_Rossetti_Valentini-4-CopyTra i numerosi artisti che ancora oggi tengono alto il nome della Valle Vigezzo, comunemente definita la Valle dei Pittori, vogliamo parlare di undici di loro, che appartengono al “Gruppo Pittori Vigezzini Oggi”, nostri amici e sostenitori di ControCorrente, di cui sono pubblicate, sotto le loro opere, le note biografiche preparate da Luca Ciurleo, antropologo, giornalista, collaboratore della nostra rivista e autore di alcuni libri. Tre di essi, Carletto Giorgis, Carlo Mattei e Giovanni Mellerio sono stati allievi della Scuola di “Belle Arti Rossetti Valentini” e gli ultimi due, nella stessa scuola, in passato hanno insegnato. Un pittore, poi, Verdiano Quigliati, classe 1915, che ha avuto formazione e successo in Francia, pur essendo nato a Novara è considerato vigezzino a tutti gli effetti.

Questi pittori, con Marino Bonzani, Salvatorino Casula, Vanni Calì, Anita Hofer, Gian Piero Pirinoli, Valentino Santin, che da anni ormai formano il “Gruppo Pittori Vigezzini Oggi”, sono uniti da una linea specifica di scelta. Pur nella diversità delle tecniche e degli stili, continuano a essere specificatamente figurativi, dando prevalenza al paesaggio, ma non mancano, nelle loro composizioni, i ritratti, le nature morte o alcuni momenti di vita alpina e sociale.

Ammirando le opere di costoro, si respira l’atmosfera frizzante della Valle Vigezzo, con i suoi paesi, le sue montagne, i suoi scorci, dove aleggia qualcosa che s’impregna di un passato glorioso. Non esprimeranno o proporranno novità tecniche ed estetiche, ma essi continuano, coerentemente, nel linguaggio poetico di coloro che li hanno preceduti.

Di ciascuno di questi nostri amici – che pur accomunando in un’unica sintesi artistica inevitabili diversità di tendenze e di valori, rappresentano parte della pittura locale – tracciamo alcune note di commento.

Marino Bonzani dipinge con segno semplice, ma efficace, con colori in sintonia IMG_E1321all’impaginazione tradizionale. I paesaggi spontanei sono aperti e pacati, freschi di vitalità. Nelle sue composizioni, probabilmente, agisce con lentezza tranquilla, controllata da un occhio interiore che oltre ai particolari realistici, tende ad interpretare le vedute e gli scorci raffigurati. Tali dipinti sono piacevoli per la loro armoniosa sintesi, che appunto travalica la scansione meccanica e descrittiva degli elementi raffigurati, in favore di una vibrante dimensione emozionale, la quale sa cogliere le varie trasformazioni della natura. È quando il suo pennello cerca un tocco di atmosfera delicata e fantastica, tra il naif e il classico, che egli riesce a infondere il calore inventivo e immediato dell’autenticità, con il gusto di raccontare ciò che lo circonda. Riesce anche a rappresentare con umanità e poesia le caratteristiche tipiche di personaggi locali, come gli spazzacamini o gli alpigiani al lavoro.

Salvatorino Casula è considerato il poeta della luce che sa esprimersi con estro edIMG_E1322 emozione. Egli sa colmare gli spazi richiamando paesaggi della sua terra, intrisi dei colori così come si trovano nella natura. L’artista propone anche baite, visioni di boschi, lo snodarsi di sentieri e ruscelli, cogliendo gli scorci di bellezza montana con cromie calde e vibranti. Attraverso tonalità accentuate egli propone prospettive e atmosfere tipicamente alpine, risaltate anche dall’uso delle sabbie, che alle opere portano una specie di movimento dinamico e pure un coinvolgimento intimo dell’animo. È soprattutto la sua tavolozza a trasmettere sensazioni e vibrazioni che rivelano immagini sintetizzate della sua interessante ricerca, la quale prosegue con buoni risultati e insolita vena creativa. Ne sortiscono composizioni, dal piglio fresco e dalla finezza contemplativa, frutto di scelte personali: quali la stesura dei piani per sintesi, la ricerca tonale, la contenutezza volumetrica, dentro soggetti aperti e sereni.

Calì (Alberto Vanni) dipinge immagini fresche, avvolte da una natura poetica e da un IMG_E1328senso emozionale del colore. La sua pittura appare spontanea, magari a prima vista può sembrare nive, ma ha un proprio fascino, con linee semplici e toni vivi, con la sensibilità di un occhio pulito e di un cuore caldo. Sostanzialmente e un romantico: dipinge paesaggi semplici e affascinanti, ma anche scorci di città in architetture complesse: quadri che lasciano intravedere il tocco magico della poesia. Ponendosi di fronte ad essi si nota il variare delle occasioni, ma resta immutato il sentimento nell’orchestrare la grande sinfonia della montagna, offerta come consolazione al grigiore della vita cittadina e frenetica. Immagini aperte, pronte a carpire bellezze e a svelare gli incanti improvvisi di un pittore candido, dalle radici popolari, da cui traspare il suo mondo rurale di potenza evocativa. Chi appende nella propria casa un suo quadro desidera accogliere, tra le pareti domestiche, paesaggi caldi e distensivi.

Carletto Giorgis è un pittore di spirito ardente, impulsivo e immediato che, fino a quando le forze glielo hanno permesso, si è immerso nella natura anche più selvaggia, daIMG_E1324 dove ha colto, in assoluta tranquillità, per poi documentarlo sulle tele, il fascino delle vallate, delle chiese e dei paesi ossolani. Stupendi sono i suoi “esterni”, a volte appena maculati di neve, dove si percepisce un rapporto atavico tra l’uomo e l’ambiente natale o come in certi angoli nascosti delle tante frazioni del posto, colti in una solitudine quasi metafisica o magica, che lascia lo spirito di chi li guarda in sospensione tra spazio e tempo. Nelle sue tele campeggiano montagne appuntite verso cieli azzurri o turbolenti, baite spesso sgretolate dal tempo e dall’incuria, con accanto vetusti pini che si elevano taciti verso orizzonti diafani, e poi pareti rocciose, boschi, prati silenziosi, acque spumeggianti di torrenti. Il tutto colto con quei colori vivi, che assumono la forza di un lirismo impregnato di luce intensa. La figlia Susy Giorgis, pure lei pittrice, è la prima donna vigezzina che si è dedicata all’arte.

Anita Hofer di origine tedesca, pur già disegnando fin da ragazza, è quando si stabilisce IMG_E1327in Vigezzo, attratta dalla sua storia e dai suoi paesaggi suggestivi, che si dedica alla pittura. Una pittura semplice e genuina che si esprime in forme deliziose e che ritrae paesaggi, ma soprattutto nature morte in uno stile piacevole e dai colori intensi. Ella imprime valore alle trasparenze, ai riflessi, con cromie nordiche, specie quando inanella le catene dei monti, che si stagliano sullo sfondo con insolita schietta e tormentata trasfigurazione. È attratta anche dai soggetti floreali (i fiori si dispongono affastellati o liberi, piegati o abbandonati, reali o inventati) e dalle nature morte, fresche nell’impaginazione e nella cromia. Molte di quest’ultime mettono in evidenza oggetti di utilizzo consueto, ma che sembrano modulati sulle tele per raccontarci della loro umile storia di tutti i giorni. Un’arte, la sua, pregna di quei sentimenti che scandiscono e disvelano le trame del suo vissuto e dell’ambiente in cui vive.

Carlo Mattei è pittore, scultore e affreschista che traduce in immagini, ricche di effetti cromatici, i soggetti classici, ma con originalità propria. In scultura ha modellato statue,IMG_E1334 intagli, pannelli, bassorilievi, in legno o altri materiali: opere tutte che, senza bisogno di enfasi esornativa, recano storie religiose o mestieri e tradizioni locali. La sua pittura è densa, sobria e si esprime con tele dipinte spesso di getto, con animo spontaneamente impressionista. Certe ampie vedute – a volte con la vista di bestiame al pascolo nell’idilliaca carezza del verde dei prati e dei boschi, o con baite fiancheggiate da pastorelle o contadini ripresi nelle loro attività giornaliere – possiedono uno slancio poetico catartico che ci fa ritrovare, fra le montagne, quella pace e quella tranquillità che le frenetica vita moderna, di fatto, ci impedisce di assaporare. Queste sue opere confermano la propria rigorosa linea creativa-figurativa nell’alveo del solido e schietto naturalismo vigezzino, dove la luce è protagonista nel contatto profondo del pittore con le cose che vede e lo circondano.

Giovanni Mellerio dipinge, con una moderna interpretazione, la tradizione coloristica della sua valle ed è stato uno dei primi a sentire l’esigenza di un paesaggio nuovo, conIMG_E1333 differenti emozioni formali e cromatiche, tradotte in genuine e suggestive rappresentazioni. In ciò lo ha aiutato anche il suo soggiorno in Francia, dove ha dipinto quadri impressionisti dalle sensazioni insolite e dagli scorci originali, con effetti d’ampia luminosità, d’affascinante resa atmosferica. Non si limita a raffigurare i paesaggi della sua terra, e sempre riesce a esprimerli con colori freschi e limpidi, riprendendoli in tutte le luci e nel variare delle stagioni. A volte gli bastano dei cespugli, degli sterpi, dei viluppi di particelle, dei ciuffi d’erba folti e arruffati, per costruire un quadro, in una visione della natura spogliata di ogni romanticismo, ma con la freschezza di un tocco lieve, rapido, vibrante, che rende l’idea del movimento e dà l’impressione di un colore-luce, poetico nella materica stesura. Possiede un ottimo equilibrio delle forme e la spazialità geometrica delle prospettive.

Gian Piero Pirinoli fissa sulle tele gli splendidi paesaggi che egli può ammirare affacciandosi alle finestre di casa. I paesi lungo le strade carrozzabili o le frazioniprinoli abbarbicate sui pendii, gli alpeggi contornati dai boschi, le baite che sanno d’ataviche fatiche, diventano i soggetti preferiti di quadri sempre diversi e cromaticamente uniformi. Pertanto, questi scorci di un vivido diario vissuto col cuore si trasformano in testimonianze figurative di luoghi che, forse, il tempo e l’incuria dell’uomo lentamente annulleranno. Proprio per questo il suo è un canto soffuso al fascino delle bellezze naturali e un invito a conservarle per le future generazioni, risvegliando dentro di noi un senso di pace e di serenità. Pervasi da questa crepuscolare atmosfera sentiamo penetrare nel nostro animo un’aria primaverile di profumi di montagna. L’autore manifesta quella vitalità che sa creare un’autentica stagione umana, in un mondo che pare aver smarrito l’essenza primordiale del vivere in mezzo alla natura.

Valentino Santin sia nelle vedute paesaggistiche che nelle rappresentazioni metafisiche IMG_E1329ed oniriche, riesce sempre a cogliere la scintilla dell’indagine e della riflessione che lo porta a raffigurare in chiave più attuale la tradizione locale. Nelle sue opere c’è lo splendore vivace dei colori, una chiarezza d’impianto che rendono le sue composizioni suggestive e con un fascino di entusiasmo alpino, perché l’autore riesce a trasmetterne, con viva e armoniosa sintesi, i valori atmosferici che travalicano la scansione meccanica e descrittiva degli elementi dipinti, in favore di una vibrante dimensione emozionale. Le sue opere racchiudono soggetti diversi e paesaggi nel variare delle stagioni, quasi tracciati da tocchi incantati e magici, con una visione d’insieme vibrante, energica, dai toni penetranti e dai colori ricchi di suggestione. Egli oltre ai paesaggi, non solo montani ma anche lacustri, dipinge pure quadri dai soggetti rivolti alle problematiche umane, agli eventi e alle situazioni di vita sofferta.

Verdiano Quigliati ha dipinto quadri divisionisti con quell’impeto e quei colori caldi e pastosi, ben disposti e accostati sulla tela a piccole pennellate. Autentici capolavoriIMG_E1331 d’armonia sono alcuni sottoboschi autunnali, con cromie arancio-fuoco, il cui turbinio di fogliame, se isolato, dà quasi l’impressione di un astratto. Stupende anche le opere impressioniste, autentiche e sentite: tele che ha conservato gelosamente per sé, con paesaggi vigezzini, milanesi o della Francia, molte delle quali riproducono magari solo atmosfere piacevoli o particolari di vedute. Ha pure allestito una mostra con quadri dipinti a Venezia. Una città lagunare immersa in un’atmosfera diversa: egli parte, infatti, da monumenti e scorci poco noti, esaltandone gli angoli nascosti, valorizzandoli con una straordinaria capacità tecnica stilistica. Si è addentrato nelle calli e nei canali, dove le barche sembrano galleggiare in una sinfonia di sfumature accostate. I soggetti più conosciuti li ha inseriti sullo sfondo, cercando per il primo piano un particolare qualsiasi: un pozzo, una statua un elemento architettonico.

Questi gli autori presenti alla mostra di Villadossola, a cui, per questa occasione, sono stati aggiunti quattro artisti: Michele Fiora, Susy Giorgis, Alessandro Giozza e Pio Ramponi, che a suo tempo appartenevano al gruppo, ma che per motivi diversi non avevano potuto partecipare a quella rassegna.

Michele Fiora, i colori ce li aveva nel sangue e li usava per definire le forme che IMG_E1323vibravano e si illuminavano di poesia. Suo motivo d’ispirazione era la natura e le immagini che dipingeva nascevano da un sentito rapporto con il reale: la sua pennellata pastosa sapeva cogliere le bellezze della Valle Vigezzo con quello spirito vivace e vivificante, dominato dal verde, simbolo di freschezza e di speranza. Aveva iniziato tardi a dipingere, ma possedeva un talento innato per la cromia, con una luce magica che a primo sguardo sembrava uscire dall’anima stessa del colore. Prediligeva il richiamo del verde, possente, lampeggiante, attraverso il quale i suoi paesaggi si manifestavano come luoghi di quiete e di pace. Certi suoi sottoboschi, poi, sono illuminati da riverberi dorati, con grovigli di sterpi, su strade tracciate in allucinati bagliori, simili a tumulti che urgono agli argini, come una piena.

Susy Giorgis, figlia d’arte, ha sempre avuto l’inclinazione per la pittura e ha quindi frquentato la Scuola di Belle Arti Rossetti-Valentini, sotto la guida di Severino Ferraris. LaIMG_E1325 sua pittura tende, pur nella tradizione, a scelte personali: quali la stesura di piani per sintesi, la ricerca tonale, la contenutezza volumetrica. I suoi paesaggi sono aperti e pacati; le nature morte fresche di vita e di umori, un po’ per il connaturato senso del colore, un po’ per il gusto di raccontare ciò che ci circonda, nelle sue varie sfaccettature. Alla poesia delle sue tele – che racchiudono soggetti semplici e freschi (nevicate, vedute e scorci vigezzini nel variare delle stagioni) quasi fossero tracciati dai tocchi magici di una fata – c’è una visione d’insieme vibrante, energica, dai toni penetranti, dalle cromie ricche d’emozione e l’effetto sulle tele è per noi commovente.

Alessandro Giozza, dopo iniziali influenze di tipo tonale (in particolare lombarde, apprese dal suo maestro Tullio Giovenzani) si è però, ben presto, staccato dalla pittura tradizionale, per dedicarsi a un’arte più spontanea, ispirata all’ambiente che ci attornia, ma in un’estrema sempliIMG_E1326ficazione compositiva, in un rapporto di spazi e volumi risolti in pure e tenui stesure cromatiche. In seguito, si è orientato verso una ricerca dell’equilibrio tra forma, oggetto e spazio, in armonia con la sintesi del visto e con colori più interiori o immaginati che sanno mettere in evidenza i valori universali della natura e della vita. Le forme articolate e simmetriche delle case, spesso prive di porte e finestre, sono da lui organizzate con forza espressiva e disposte con rigore razionalista a fianco di vedute in sintesi con montagne o boschi geometrizzati. Oggi, è approdato al Neosintetismo pittorico, elaborato in uno stile del tutto personale, con sintesi e semplificazione tanto nei paesaggi, quanto nelle nature morte (rari ultimamente i suoi dipinti di figura).

Pio Ramponi ha frequentato la Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini di S. Maria Maggiore, allievo di Severino Ferraris e Dario Giorgis, ma soprattutto si avvalse deiIMG_E1330 consigli e degli incoraggiamenti di colui che egli considerava il suo vero maestro spirituale: Carlo Fornara. Al divisionismo Ramponi è rimasto sempre fedele, così come alla sua terra che ha dipinto in tutte le stagioni, rivelando l’appassionato amore alla natura, all’emozione della solitudine, ai sentimenti più elevati. Ammirando le sue tele si percepisce un’atmosfera ferma e una luminosità delicata, di aria tersa e sottile, unitamente a una scansione precisa delle forme nello spazio. I suoi quadri, ricchi di immagini idilliache, racchiudono scenari suggestivi, in un certo senso ancora integri e naturali, con cieli tersi e assolati; raffigurano una natura dalla tensione lirica e diventano come un monito a riflettere sulla necessità e sull’urgenza di proteggere un ambiente non ancora inquinato e non totalmente intaccato dalle speculazioni costruttive.

Come possiamo concludere questa rapida carrellata? Per esempio, con una considerazione: che oggi si vive una crisi, sia a livello locale che nazionale e internazionale, non solo economico-finanziaria, ma anche morale e dei valori. In parte anche perché la nostra società pare giunta a un punto morto. È quindi necessario fermarsi un attimo, riscoprire la natura, come fanno questi pittori che continuano a tenere viva una tradizione che affonda le radici nella storia stessa della valle. Riprendiamoci, almeno per un attimo, quel piacere arcaico di un singolare rapporto umano con l’ambiente che ci circonda.

Lungo i sentieri degli alpeggi, tra i boschi, saltando ruscelli e attraversando pascoli, inventiamoci una nuova coscienza ecologica e un modo di vivere più umano che spesso abbiamo dimenticato. Così guardando le generazioni passate, che duramente faticavano, che nulla sprecavano e nulla deturpavano, abbandoniamoci alla magia dei luoghi “en plein air”, mutevoli secondo la stagione e, ammirando una natura non ancora deturpata, prepariamoci ad andare avanti con spirito rinnovato. Anche per questo continua a esistere l’arte vigezzina.

Giuseppe Possa

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G. Possa, Luca Ciurleo (antropologo, giornalista e operatore culturale ossolano) e Samuel Piana (giornalista, operatore turistico, fondatore e direttore di Landexplorer).